Word Design e Food: come le parole riescono a tradurre il gusto
È possibile tradurre il gusto con le parole? Chiaramente la nostra risposta è si. Tutto si può comunicare con le parole, a patto che riusciamo a scegliere quelle giuste e a patto che riusciamo a scegliere anche la forma giusta.
Scrivere per la comunicazione digitale, infatti, non è come scrivere una pagina del nostro diario segreto. Dovremo tener conto sempre delle regole fondamentali del Word Design. In sintesi, giusto per riconnetterci sempre al discorso originario, dobbiamo:
- ideare e scrivere un testo leggibile, con una sintassi semplice e corretta
- concepire e progettare un testo che possa essere riprodotto su tutti i posizionamenti digitali atti alla promozione del brand
- dare tutte le info utili affinché chi legge possa entrare in contatto diretto con il brand o con il prodotto
Word Design e Food: replicare il gusto su larga scala
Una volta chiarita la base, torniamo alla domanda iniziale: come si fa a tradurre il gusto a parole? Ricordate il claim pubblicitario di Fonzies? Se non ti lecchi le dita godi solo a metà. Più gusto di così! Leggendo questo claim abbiamo desiderato sicuramente di leccarci le dita dopo aver mangiato un Fonzies, abbiamo sentito il sale, goduto di quel gusto in più dateci dà quell'adorabile junk food, oppure abbiamo comprato direttamente un pacco di Fonzies.
Abbiamo preso come riferimento il claim di Fonzies perché, come ogni claim che si rispetti, è stato replicato in tv e in comunicazione offline. Era dappertutto, perché poteva essere dappertutto.
Il claim di Fonzies non ci lasciava mai soli e si adattava anche molto bene a remake simpatici e alternativi, tra cui numerosissimi quelli a sfondo sessuale.
Altro famosissimo claim per replicare il gusto su larga scala, è stato quello di Nutella: che mondo sarebbe senza Nutella? Il claim di Nutella, addirittura, espandeva il godimento del gusto dato da Nutella a tutta la sfera del vivere umano, indicando che il mondo non sarebbe stato lo stesso, non sarebbe stato quello che conosciamo oggi se non ci fosse stata Nutella.
Altro esempio utile per comprendere il Word Design e la possibilità di replicare il gusto su larga scala è quello di Tronky, fuori croccantissimo, dentro morbidissimo, sempre del brand Ferrero. Leggendolo, replicato su larga scala, come un degno prodotto di Word Design, dava a chi ascoltava o leggeva, la sensazione di addentare già il Tronky, godendo al contempo di croccantezza e morbidezza insieme.
Quindi come è possibile diffondere il gusto su larga scala utilizzando "solo" delle parole?
La scelta del lessico come priorità del Word Design nel Food
La sfida fondamentale del Word Design è creare un testo che se letto sui social, se ascoltato in radio o in tv, se letto su un 6x3 per strada o replicato su una locandina pubblicitaria in un negozio sia leggibile, memorizzabile e lasci una traccia dentro di noi. Inoltre, deve tradurre al meglio il prodotto gastronomico che vogliamo comunicare.
È per questo che ci serve selezionare un campo semantico che consti di tutte le caratteristiche peculiari del prodotto. Una volta selezionati, i tratti distintivi del prodotto vanno formulati in una sintassi semplice e d'impatto diretto. Se torniamo all'esempio di Fonzies, lì il tratto fondamentale è il sale, in Tronky la croccantezza e la morbidezza. Chi legge o ascolta deve poter sentire immediatamente il godimento al palato o, come nel caso di Nutella, la totalità dell'esperienza che inizia proprio dalle papille gustative.
Le parole usate nella comunicazione del food non solo devono tradurre cosa rappresenta quel prodotto, ma devono anche comunicare il plus che quel prodotto può portare nella vita di chi lo consuma, un plus che deve sempre e comunque essere quello del godimento legato al cibo. E che esso sia un junk food o un cibo salutare non importa: ciò che importa davvero è il grado di benessere che riuscirà ad apportare, perché vorrà dire che ne sarà valsa la pena.
Cosa sai del Visual Storytelling?
Cosa sai del visual storytelling? Ma soprattutto, sai di cosa stiamo parlando quando parliamo di visual storytelling? Bene, se non sai dare una risposta a queste domande o se la tua risposta ti appare ancora confusa, sei nel posto giusto.
La nostra è una società visual
Da quando c'è stata, nel Secondo Dopoguerra, la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, e in particolar modo, in quel frangente storico, la televisione, la società occidentale è diventata una società visual. Non ci perderemo in trattazioni storiche. Ciò che ci interessa sapere che una società visual è una società dove vige il potere dell'immagine e dove la percezione visiva ha ovviamente la meglio su tutti gli altri sensi.
Basti pensare che perfino il cibo, da qualche anno, considerato uno dei business più floridi e che non conosce crisi, ha bisogno dell'impatto visivo per essere comunicato. Perché, ovviamente, la società visual necessita di strategie di comunicazione che siano visual.
Ma una strategia di comunicazione non si inventa così su due piedi. Infatti non tutte le persone che creano contenti sui social media sanno e possono comunicare. E anche se i social sono uno strumento accessibile senza limiti, chi ne fa uso, talvolta, presenta molti limiti.
Il nostro potrà sembrarvi anche un atteggiamento un po' snob. ma purtroppo è la verità. Nulla è frutto di un'illuminazione temporanea o, a patto che lo sia, dopo per fare in modo che le cose funzionino e vadano per il verso giusto, ci vuole strategia.
ll visual storytelling è una strategia di comunicazione
Metodo di comunicazione prescelto nelle strategie di Inbound Marketing è il visual storytelling. L'immagine, che sia ferma in grafica o in fotografia, o che sia mobile in video, è senza dubbio più immediata rispetto alla parola scritta e al linguaggio verbale. Questo deriva da una necessita ancestrale dell'essere umano di vedere e vedere dà una percezione immediata del tutto a scanzo di equivoci.
Chiaramente per fare in modo che tante persone condividano ciò che stanno vedendo, dobbiamo tenere in considerazione il fatto che le immagini che vedono si basino sul linguaggio comune dell'inconscio collettivo.
La prima regola, quindi, per un visual storytelling che funzioni è capire se la visual strategy proposta possa avere potenzialmente presa sul maggior numero di persone a cui si propone e che queste persone possano trovarla condivisibile.
Quindi, affinché ci sia un visual storytelling, c'è bisogno che ci sia una persona in grado di scrivere quella storia e cosciente che quella storia dovrà essere tradotta in immagine.
Il ruolo del Word Designer nella creazione di un visual storytelling
Perché parliamo dell'esigenza di avere una persona che si occupi di word design, piuttosto che solo di copywriting, nella creazione di un visual storytelling?
A differenza di chi fa copywriting, chi fa word design è consapevole che la sua storia debba essere tradotta in immagini e che quelle immagini debbano essere poi assemblate in un contenuto da diffondere su diversi canali. Pertanto, scrivere un visual storytelling per uno spot pubblicitario non è la stessa cosa che scrivere un visual storytelling per video Reel di Instagram o ancora per uno slideshow di una copertina di una pagina Facebook.
Ci sono delle differenze sostanziali legate al canale di comunicazione che chi si occuperà di visual storytelling deve conoscere e deve maneggiare con grande fermezza. La differenza primaria e imprescindibile è data dal mezzo di comunicazione; a questo seguirà un'analisi dettagliata del target a cui ci stiamo rivolgendo, del contesto socio-culturale e storico in cui quel contenuto sarà diffuso, oltre che della natura del brand che stiamo comunicando e della sua vision.
Presto analizzeremo le differenze che abbiamo sopra elencato; per ora meditiamo sul fatto che per un visual storytelling (se ci occupiamo di Word Design) ci servirà una grande capacità di analisi, la propensione a scrivere in maniera trasversale e laterale, affinché il nostro contenuto possa trasformarsi in un'immagine e all'abilità di saper parlare alla pancia e alle emozioni basilari di chi ci guarderà, per lasciare dentro una memoria. Ci si augura, indelebile.
Cos'è il Word Design? Riproducibilità ed etica della scrittura
Che cosa vuol dire, oggi, essere una word designer? Diciamo che il termine design è anche fin troppo abusato. Quindi, prima di addentrarci nella spiegazione, meglio procedere per gradi.
Nella società di massa, in cui viviamo e in cui ci ritroviamo ad agire, a creare relazioni e a lavorare, il design ha assunto un ruolo fondamentale. Perché il design prevede un processo di progettazione a monte che possa rendere tutto ciò che vediamo, ascoltiamo, tocchiamo, leggiamo, riproducibile e confortevole su qualsiasi dispositivo in nostro uso. La nostra società e la nostra cultura non contemplano più da molto tempo, ormai, l'artefatto unico.
Tutto ciò che ci circonda rientra nel design, perché tutto ciò che ci circonda non esiste nella sua unicità, ma nella sua riproducibilità. E questo vale anche per le opere d'arte, per le opere nate dalla creatività umana.
L'era del design, l'era della riproducibilità tecnica
Nel 1936 il filosofo Walter Benjamin scrive L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, un saggio che tutte le persone che fanno comunicazione dovrebbero leggere prima o poi. Nel saggio Benjamin analizza lo stato dell'arte a lui contemporaneo, evidenziando che l'opera d'arte potrebbe andare incontro ad un pericolo. Il pericolo è individuato nella perdita dell'aura di unicità in favore di un altro tipo di meccanismo: la diffusione massiva dell'opera attraverso la riproduzione su scala industriale della stessa.
Ma, mentre l'opera d'arte perde la sua aura nella riproducibilità come dice Benjamin, perché pensata per essere unica, l'opera di design ha la sua aura proprio nella sua riproducibilità. Infatti, un'opera di design viene pensata per essere riprodotta e progettata per doversi adattare a diversi parametri e diversi dispositivi.
Design, riproducibilità e cultura visuale
Come dice Riccardo Falcinelli, design può essere tradotto con progettazione e qualsiasi opera di design è tale solo se pensata per la progettazione.
Sempre Falcinelli (2014, 6) sostiene:
Non c'è dubbio che il design abbia molti aspetti per così dire artistici, ma sono solo una parte, spesso non principale, di ragionamenti e problemi molto spesso più articolati: documentarsi su un tema preciso, risolvere una questione tecnica, ottenere i diritti di un'immagine, fare un preventivo, rapportarsi con i clienti e così via.
È per questo che la scrittura, come la grafica, diventa un elemento di design nella comunicazione.
Di qui, si fa subito chiara la differenza che c'è tra un articolo di giornale o un'opera di letteratura e un payoff di un brand o un claim scritto per una campagna pubblicitaria o ancora un copy per i social o i testi di un sito web.
Elementi di Word Design e responsabilità della comunicazione
Chiamiamo Word Design il design delle parole. Se scrivo un copy per un social media, ad esempio, dovrò tener conto del fatto che il mio target dovrà leggerlo in maniera confortevole sia su un dispositivo mobile che sul pc; se scrivo un claim per una campagna devo selezionare i termini giusti in un campo semantico coerente, che possano imprimersi nella memoria del target e quindi essere ricordati nel tempo, se scrivo un testo per un sito web non dovrò fare un mero esercizio artistico di bravura, ma dovrò connettere le volontà del cliente, la vision aziendale o del brand, la sua mission, il pubblico a cui si dovrà rivolgere.
Potrei fare decine di esempi a riguardo. La lezione non cambierebbe di molto: un word designer deve tener conto di tantissimi elementi (che non approfondiremo in questo articolo), ma anche e soprattutto del fatto che il suo testo dovrà essere riprodotto all'infinito su tanti dispositivi diversi.
Scrivere è comunicare e comunicare è una responsabilità. La responsabilità di veicolare messaggi e il potere di divulgare idee, abitudini, modi di fare. Ricordiamolo sempre.